Pagelle Vuelta a España 2020: il volitivo Richard Carapaz e il sorprendente Hugh Carthy non bastano per impedire il bis a Primož Roglič – Movistar incompiuti, italiani quasi non pervenuti

Primož Roglič (Jumbo-Visma), 10: Lo sloveno si conferma vincitore della Vuelta, correndo ancora una volta con grande intelligenza tattica. Al contrario di altre occasioni, decide di giocarsi le sue carte praticamente in ogni occasione in cui può provare a ottenere il successo di tappa, compresi gli sprint su percorsi mossi. Alla fine le quattro frazioni vinte, a cui si aggiunge qualche piazzamento, risultano decisive, insieme agli abbuoni, per conservare la maglia rossa. Ha ancora qualche difetto sulla terza settimana, ma si gestisce perfettamente, tanto fisicamente quanto mentalmente, sulla salita finale per tenere Carapaz a una ventina di secondi. Tanto basta.

Richard Carapaz (Ineos Grenadiers), 9,5: L’ecuadoriano paga anche una Ineos non sempre all’altezza delle aspettative, Andrey Amador (voto 6,5) l’unico a salvarsi, ma quando è chiamato in prima persona a battagliare con i migliori risponde sempre presente. L’azione sull’Alto de la Covatilla tiene tutti i tifosi con il fiato sospeso fino agli ultimi metri della corsa, ma non è sufficiente contro un Roglic molto bravo nel controllo. Alla fine il sudamericano si deve accontentare del secondo posto senza vittorie di tappa, ma conferma ancora una volta di essere uno dei corridori più forti nei Grand Tour. Rispetto al Giro dell’anno scorso, pare anche migliorato a cronometro.

Hugh Carthy (EF Pro Cycling), 9: Il britannico è forse la sorpresa più bella di questa Vuelta. Un podio frutto di tre settimane di grande solidità, ma non solo: la vittoria di potenza sull’Angliru, con il suo rapporto durissimo e una pedalata non proprio da scalatore puro, è sicuramente la perla migliore di una carriera che pare possa decollare proprio a partire da questa corsa. A cronometro si comporta bene, in salita resta quasi sempre con i migliori, riuscendo a volte anche a staccarli. Oltre alla gamba, notevole il carattere del 26enne, che quando può va all’attacco, anche a rischio di compromettere il podio pur di puntare al successo. Alla fine chiude terzo, ma di certo senza rimpianti. La EF ha scoperto un altro bel corridore.

Sam Bennett (Deceuninck-Quick-Step), 9: Una vittoria di tappa e mezzo per l’irlandese che vince a Ejea de los Caballeros e anche ad Aguilar de Campoo, salvo però essere retrocesso a causa di una scorrettezza. A Madrid deve recuperare da solo il lavoro non perfetto della squadra arrivando a un passo dal successo di tappa. Nel complesso, è lui il velocista di riferimento del gruppo e si comporta di conseguenza sprintando sempre ad alto livello.

Pascal Ackermann (BORA-hansgrohe), 8,5: Il tedesco vince due tappe, una a Madrid per merito proprio e una a causa della squalifica di Sam Bennett. In ogni caso si conferma come uno dei velocisti più solidi in circolazione coronando questa esperienza con anche un quarto e un secondo posto. La gamba c’era ed è riuscito a farla fruttare al meglio.

David Gaudu (Groupama-FDJ), 8,5: Forse è sbocciato definitivamente il corridore promettente che avevamo ammirato la scorsa stagione. Arrivava a questa Vuelta dopo un 2020 segnato da diversi problemi fisici e da un Tour de France da dimenticare. Parte piuttosto male, ancora non al meglio, ma dopo il precoce ritiro di un Thibaut Pinot che sulla carta era arrivato per aiutarlo, corre in crescendo e si va a prendere due splendidi successi sull’Alto de la Farapona e sull’Alto de la Covatilla, aiutato da un Bruno Armirail (voto 7,5) che si dimostra altro corridore in forte crescita. Entra anche in top 10 con l’ottavo posto finale che dimostra che può essere pronto per un ruolo da capitano nei GT.

Dan Martin (Israel Start-Up Nation), 8: Questa edizione della Vuelta segna la rinascita del corridore irlandese che sembrava ormai sul viale del tramonto. Reduce da un deludente Tour de France, lascia subito il segno andando a vincere la terza tappa, mettendosi alle spalle sia Primoz Roglic che Richard Carapaz. Per più di metà corsa, fino alla cronometro, è in lotta per il podio, ma le sue scarse abilità contro il tempo lo allontanano definitivamente da questo obiettivo. Nonostante le difficoltà sull’Alto de la Covatilla, chiude comunque con un ottimo e probabilmente insperato quarto posto in classifica generale.

Guillaume Martin (Cofidis), 8: Dominatore della classifica della Maglia a Pois, che conquista matematicamente addirittura con una tappa di anticipo. Riscatta un Tour de France iniziato bene ma finito in evidente calo. Quasi sempre all’attacco nelle tappe con delle salite, quindi praticamente tutti i giorni. Non riesce a centrare il successo che sfiora nella quinta frazione e che avrebbe potuto ottenere se avesse risparmiato qualche energia in alcuni momenti ma, alla fine, si porta a casa una maglia di prestigio che ne nobilita la partecipazione.

Tim Wellens (Lotto Soudal), 8: Due successi di tappa arrivati a modo suo sono la certificazione delle grandi tre settimane di corsa del belga. In entrambe le occasioni centra la fuga giusta e, se nella tappa di Sabiñanigo vince da favorito assoluto, in quella di Ourense deve battere un parterre di corridori sulla carta forse più quotati di lui e lo fa d’astuzia, su un traguardo che aveva studiato e che conosceva meglio degli altri. Gli va reso anche merito, poi, per essere stato l’unico che ha provato a contendere la classifica degli scalatori a Guillaume Martin, nonostante ci fossero in gruppo corridori sicuramente più adatti a lui per l’obiettivo.

Jasper Philipsen (UAE Team Emirates), 8: Il 22enne belga si conferma come un piccolo fenomeno. In volata è sempre tra i migliori e riesce anche a portarsi a casa il successo di tappa di Puebla de Sanabria. Sono cinque le top five al termine di questa Vuelta, un bottino di tutto rispetto per uno dei giovani velocisti più interessanti di tutto il WorldTour.

Enric Mas (Movistar), 7,5: Lo spagnolo inizia questa Vuelta con grandi ambizioni, puntando anche alla maglia rossa e facendo spesso correre la squadra per lui nelle prime due settimane. Già nel primo week end tuttavia capisce di non essere il più forte in salita e deve rivedere le proprie ambizioni, che si spostano sul podio e su un successo di tappa. All’attacco quando può, come sull’Angliru, non riesce a lasciare il segno con un successo, ma pur non essendo con la miglior gamba della sua carriera chiude con un quinto posto poco più di un mese dopo lo stesso piazzamento al Tour. Una conferma importante per gettare le basi per la prossima stagione, in cui servirà il salto di qualità. Intanto, zitto zitto, è ancora il miglior giovane.

George Bennett (Jumbo-Visma), 7,5: È lui il gregario più affidabile di Primoz Roglic. Il neozelandese rimane quasi costantemente al fianco del capitano, raggiungendo anche un paio di top ten di tappa e la dodicesima piazza in classifica generale. Negli ultimi giorni soffre un po’ la stanchezza ma il suo apporto è fondamentale per il successo del proprio capitano.

Sepp Kuss (Jumbo-Visma), 7,5: Insieme a Bennett, è l’uomo di maggior fiducia di Roglic. Fondamentale sulle pendenze più difficili, come al Tour de France, scorta il capitano in tutte le tappe chiave. Il suo capolavoro è sull’Angliru quando riesce a tagliare il traguardo insieme allo sloveno, mentre paga la stanchezza nelle giornate successive non intaccando un altro Grande Giro di altissimo livello. Meno costante rispetto al neozelandese, è spesso comunque l’ultimo uomo per il proprio capitano.

Michael Woods (EF Pro Cycling), 7,5: Esce subito di classifica a causa di una caduta nella prima frazione, ma non si abbatte e, oltre a mettersi al servizio del capitano Hugh Carthy, decide di andare a caccia di tappe. Va vicino al successo ad Aramon Formigal, quando è secondo alle spalle di Ion Izagirre, riesce a centrarlo nella tappa successiva, quando è abile a piazzare l’attacco giusto a poco più di un chilometro dal traguardo. Infine, ci prova ancora a Ourense, ma si deve arrendere a Tim Wellens. Considerato anche il lavoro fatto per il proprio leader, la sua Vuelta si può considerare più che positiva.

Max Kanter (Sunweb), 7: 23 anni compiuti da poco per un altro sprinter tedesco che sorprende con due terzi posti e un settimo. Tra le nuove leve è uno degli elementi più interessanti e nel prossimo futuro non potrà fare altro che migliorare.

Marc Soler (Movistar), 7: Centra subito il colpo grosso nella seconda tappa, quando attacca al momento giusto per andare a prendersi il successo sul traguardo di Lekunberri. Sfiora il bis nell’undicesima frazione, battuto sull’Alto de la Farrapona solamente da David Gaudu, in una giornata in cui riesce anche a rientrare in classifica, uscendoci però il giorno successivo. Durante l’ultima settimana è spesso all’attacco, venendo sacrificato dalla sua squadra in tentativi talvolta senza senso, che gli fanno spendere tante energie praticamente senza alcun risultato. Resta comunque buono il bilancio per lui al termine di queste tre settimane.

Wout Poels (Bahrain-McLaren), 7: Il neerlandese si riscatta da un Tour de France sfortunato, che ha lasciato qualche conseguenza anche nella prima settimana della Vuelta, in cui appare in netta difficoltà. Poi va in crescendo, riuscendo a essere praticamente ogni giorno il migliore dietro ai primi cinque della classifica generale, che sembrano avere una marcia in più. Una prestazione costante, che gli vale il sesto posto finale, senza acuti di giornata ma senza neanche una squadra di gran livello a suo supporto.

David de la Cruz (UAE Team Emirates), 7: Dopo tanti tentativi a vuoto, lo spagnolo riesce finalmente a tornare a lottare per un buon piazzamento in classifica generale. Se la prima settimana si rivela difficile per lui, la condizione in crescendo gli permette di scalare posizioni su posizioni, per poi balzare in settima con la fuga nella diciassettesima tappa. Non riesce a lottare per la vittoria sull’Alto de la Covatilla, ma il risultato nella generale può convincere il team a dargli un’altra chance l’anno prossimo.

Ion Izagirre (Astana), 7: In una formazione a più punte è bravo a sfruttare la giornata in cui gli viene concessa maggiore libertà. Dopo il grande lavoro del fratello Gorka prima dell’ascesa finale, è bravo lui a concretizzare negli ultimi chilometri verso la cima di Aramon Formigal, staccandosi di ruota tutti gli altri attaccanti di giornata per involarsi in solitaria sul traguardo. Con il successo di tappa entra anche nell’esclusivo club di corridori che hanno vinto almeno una tappa in tutti e tre i grandi giri dopo aver alzato già le braccia al cielo al Giro d’Italia 2012 e al Tour de France 2016.

Mattia Cattaneo (Deceuninck-QuickStep), 7: Il migliore degli italiani in classifica generale è protagonista di una buona Vuelta. Si fa vedere spesso ed ottiene due piazzamenti in top10, tra i quali è sicuramente degno di nota l’ottimo sesto posto nella cronometro. Peccato che non sia riuscito a coronare col successo la bella azione di cui è stato protagonista nella quindicesima frazione quando, dopo una lunghissima fuga, viene ripreso dal gruppo a soli tre chilometri dal traguardo. L’ottima pedalata in terza settimana sembra anche molto promettente per poter fare ancora meglio in futuro.

Magnus Cort (EF Pro Cycling), 7: Il corridore danese torna ad alzare le braccia al cielo alla Vuelta a quattro anni di distanza dall’ultima volta, conquistando la sedicesima tappa al termine di una volata di un gruppo ristretto ad una trentina di unità. Oltre a questo successo, riesce a piazzarsi altre tre volte nella top 10 ma, soprattutto, è degno di nota il lavoro che fa per i compagni di squadra, in primis per il capitano Hugh Carthy. Il 27enne è decisivo anche nella settima frazione quando, in fuga con Michael Woods, permette a quest’ultimo di rimanere al coperto e risparmiare energie in vista del finale, quando poi il canadese riuscirà a piazzare l’attacco vincente.

Will Barta (CCC), 7: Per un solo secondo gli sfugge la prima vittoria della carriera. Questo è infatti il margine che permette a Primoz Roglic di scalzarlo dalla hot seat al termine della cronometro. Il corridore statunitense sorprende tutti, non tanto nella prima parte piana nella quale fa valere le sue doti di specialista quanto nel finale in salita dove guadagna su tutti i rivali, escluso lo sloveno. Avrebbe meritato il successo e meriterebbe presto un nuovo contratto per la prossima stagione.

Lennard Hofstede (Jumbo-Visma), 7: L’uomo della provvidenza. Proprio quando il suo capitano Primoz Roglic stava rivendendo gli stessi fantasmi dell’ultimo Tour de France, compare all’orizzonte la sua sagoma gialla. Il 25enne neerlandese, che era stato mandato nella fuga di giornata, è l’uomo giusto al momento giusto. Probabilmente lo sloveno avrebbe comunque vinto questa Vuelta ma i metri in cui si mette davanti a lui e lo spinge verso il traguardo sono, per ora, il momento più importante della sua carriera.

Remi Cavagna (Deceuininck-QuickStep), 7: Il francese non si smentisce facendosi eleggere supercombattivo di questa edizione, pur non raggiungendo risultati di rilievo. Il suo piazzamento migliore è infatti l’ottavo posto della cronometro di Mirador de Ezaro, mentre in linea non lascia il segno negli ordini di arrivo pur tentando la fuga in numerose occasioni. Prezioso anche il suo lavoro per i capitani, specialmente nelle tappe di pianura quando lavora per garantire lo sprint.

Thymen Arensman (Sunweb), 6,5: Il ventenne neerlandese chiude al corsa con un terzo e un sesto posto, dopo aver più volte cercato la fuga in giornate interessanti, mostrando le sue qualità nell’arco di tutta la corsa. Un altro potenziale gioiellino della nidiata del nuovo corso della formazione germano-neerlandese.

Clément Champoussin (Ag2r La Mondiale), 6,5: Un paio di buoni piazzamenti ne confermano le grandi doti in salita. Per il suo primo GT di una carriera iniziata in pieno lockdown era difficile chiedere di più, ma il francesino ha mostrato di avere anche le qualità caratteriali per poter ambire a risultati importanti.

Andrea Bagioli (Deceuninck-QuickStep), 6,5: Per essere all’esordio in un GT il ventunenne di Sondrio non si comporta affatto male. Due top 10 di tappa, tra cui il podio di Suances, sono dei risultati che proiettano il classe ’99 verso un futuro importante, soprattutto considerato che non è sempre lui l’uomo su cui punta il suo team. Forse anche a ragione, visto che col passare dei giorni la condizione cala e, dopo aver scortato Sam Bennett al traguardo della quindicesima tappa, il giorno dopo è costretto ad alzare bandiera bianca e chiudere con un ritiro il suo primo GT.

Jannick Steimle (Deceuininck-QuickStep), 6,5: Il giovane tedesco si conferma talento all’altezza della squadra belga, sprintando da capitano della squadra a Puebla de Sanabria con un ottimo terzo posto. Per lui anche tanto lavoro per il capitano Sam Bennett, quindi non ha altre grandi possibilità di farsi notare, ma il sapere cogliere le occasioni è una dote non da tutti e ha dimostrato di saper rispondere presente quando viene chiamato in causa.

Gerben Thijssen (Lotto Soudal), 6,5: Il suo primo GT in carriera si conclude con un ritiro nella quindicesima frazione per problemi intestinali, ma il bilancio è più che buono per il velocista belga. Nelle due volate disputate, infatti, conquista un quinto posto a Ejea de los Caballeros e una terza piazza (seconda, dopo il declassamento di Sam Bennett) ad Aguilar de Campoo alle spalle di due pezzi grossi come l’irlandese e Pascal Ackermann, risultati che fanno prevedere che, nel prossimo futuro, questo 22enne sarà quasi sicuramente protagonista degli sprint di gruppo.

Aleksandr Vlasov (Astana), 6,5: Il giovane russo, dopo l’esperienza al Giro durata appena due giorni, accusa più di 4 minuti di ritardo già alla prima tappa, perdendo ulteriore terreno nella successiva. Da quel momento però la sua condizione va in netto crescendo, permettendogli di attaccare anche i migliori in classifica in alcune tappe. Con la forma su cui poteva contare nelle ultime due settimane, vederlo fuori dalla top ten senza una vittoria parziale è davvero un peccato. Rispetto ad almeno tre dei corridori che gli sono arrivati davanti, gli è mancato il coraggio di infilarsi in qualche fuga per recuperare terreno, correndo forse con troppa parsimonia. Nella terza settimana ha comunque dimostrato di potersela giocare con i big ed è un dato più che incoraggiante per un corridore ancora molto giovane.

Gino Mäder (NTT Pro Cycling), 6,5: Il giovane svizzero corre con determinazione una Vuelta in crescendo, cercando spesso di farsi notare anche dalla distanza, ma soprattutto è incoraggiante vederlo in crescita nella terza settimana, nella quale si vede maggiormente anche nei finali, con il bel secondo posto nell’ultima tappa di montagna, battuto dal solo Gaudu. Chiude il suo primo GT della carriera in 20ª posizione, confermando di avere qualità importanti, anche a livello mentale.

Rui Costa (UAE Team Emiratest), 6: Sufficienza risicata per l’ex campione del Mondo che parte bene con due fughe centrate nella settima e nell’ottava tappa. Tuttavia, la gamba non è più quella dei tempi migliori e così il portoghese cala costantemente nelle giornate successive arrivando a Madrid in debito d’ossigeno. Ha comunque il merito di provarci.

Nans Peters (Ag2r La Mondiale), 6: Dopo aver vinto sia a Giro che Tour, arriva alla corsa spagnola con la speranza di migliorare il quarto posto ottenuto due anni fa. Ci prova spesso, infilandosi nella fuga di giornata, ma l’unica volta che riesce ad arrivare in fondo non può far altro che eguagliare quanto aveva fatto nel 2018. Si conferma comunque un buon cacciatore di tappe, di quelli che ci provano spesso e sanno come fare ad arrivare in fondo.

Emmanuel Morin (Cofidis), 6: È un nome nuovo delle volate il 25enne francese che riesce a farsi spazio raccogliendo due top ten assolutamente onorevoli così come il connazionale Lorrenzo Manzin (Total Direct Energie, 6) . Vedremo se in futuro entrambi sapranno migliorarsi ulteriormente arrivando a un livello ancora più alto.

Chris Froome (INEOS Grenadiers), 6: Di incoraggiamento. Presentatosi al via di questa Vuelta come oggetto misterioso, di fatto ha proseguito per tutte e tre le settimane di corsa dello stesso passo, con un unico acuto nel giorno dell’Angliru, facendo una discreta selezione in gruppo nelle fasi centrali della tappa. Il britannico, ormai leggenda del ciclismo contemporaneo, conclude quindi un 2020 particolarmente deficitario nell’anonimato a tre ore e mezzo dal vincitore di questa Vuelta. Ora potrà dedicarsi alla nuova avventura nella Israel Start-Up Nation rinnovando le proprie ambizioni, che dopo l’esclusione dal Tour gli sono venute completamente a mancare. Per lui la corsa iberica potrà essere preziosa

Alejandro Valverde (Movistar), 6: D’accordo, la carta d’identità inizia a pesare anche su di lui. Ma arrivare decimo in classifica generale senza mai lottare con i migliori, anche su arrivi adatti a lui, può valere appena la sufficienza per il murciano, che ha in più le colpe di far lavorare spesso la squadra per lui e di non mettersi mai realmente a servizio di Mas, più avanti in classifica e di condizione. Brucia anche l’unica chance di successo in fuga lasciandosi scappare Woods. E pensare che aveva rinunciato alla Liegi per concentrarsi solo su questa Vuelta…

Davide Formolo (UAE Team Emirates), 5,5: L’azzurro si arrende soltanto all’ultima tappa, quando era il penultimo italiano rimasto in gara. La sua Vuelta si svolge per lo più in appoggio a David de la Cruz. Prova anche più volte la fuga, riuscendo a piazzarsi quantomeno in top ten a Villanueva de Valdegovia. Dopo la vittoria di tappa al Delfinato non ha più impressionato, non riuscendo a concludere né il Tour né questa Vuelta. Rimandato.

Mikel Nieve (Mitchelton-Scott), 5,5: Spesso è stato lui a salvare capra e cavoli alle sue squadre, ma in questa Vuelta non ci riesce, correndo troppo spesso di rimessa, ottenendo un 13° posto finale che per uno come lui rappresenta ben poco, né basta al team australiano. Classe 1984, il tempo passa inevitabile per tutti e in una stagione complicata non è stato facile farsi trovare pronto, specialmente dopo aver dovuto anche lasciare anzitempo il Tour. L’affidabilità, se avesse avuto un capitano per cui lavorare, ci sarebbe stata eccome.

Alex Aranburu (Astana), 5,5: Talmente duttile che alla fine non diventa né carne, né pesce. Sembrano tante le tappe disegnate sulle sue caratteristiche (tanto che prima del via è considerato uno dei principali outsider nella lotta alla maglia verde), ma sono almeno altrettante le delusioni. Ottiene qualche piazzamento, ma quando arrivano le vere occasioni, quando entra in fuga e ha dei compagni al suo fianco non riesce mai a centrare il risultato, sprecando spesso anche energie preziose che poi paga nei giorni successivi.

Esteban Chaves (Mitchelton-Scott), 5: Il colombiano illude tutti quelli che tifano per lui conoscendo la sua sfortunata storia, con una prima settimana di altissimo livello. Nelle prime due tappe resta con i migliori, poi, complice la sfortuna che non lo abbandona mai del tutto, pian piano va in calando, fino a saltare completamente per aria nelle tappe di montagna della seconda settimana e finire fuori classifica nella terza. Il timore è che il sudamericano debba ormai accettare di diventare un gregario e, al più, un cacciatore di tappe: troppe volte le sue prestazioni sono andate peggiorando dopo i primi dieci giorni, quando ha provato a lottare per la generale.

Thibaut Pinot (Groupama-FDJ), sv: Arriva per riscattare la delusione del Tour, ma è costretto a tornare a casa quasi immediatamente. Durante la prima tappa, però, si rende conto di non aver ancor trovato la condizione giusta ed è costretto a cedere ben 10 minuti sul traguardo. Prova a resistere per aiutare David Gaudu, ma vedendo che anche il giovane compagno non parte nel modo migliore, assieme alla squadra si decide per un ritiro.

Daniel Martinez (EF Pro Cycling), sv: Il premio sfortuna va sicuramente a lui. Arriva con la speranza di poter fare classifica, come non aveva potuto fare al Tour a causa di una caduta (si era poi riscattato con uno splendido successo di tappa), ma anche qui è costretto ad assaggiare l’asfalto, già nella prima frazione. Il ritiro arriva prima della quarta tappa, con il team che si consola trovando un eccezionale Hugh Carthy, mentre lui dovrà attendere la prossima occasione, che vista la giovane età non tarderà ad arrivare.

Tom Dumoulin (Jumbo-Visma), sv: Prima della corsa si era immaginato addirittura che Roglic potesse lavorare per lui in determinate situazioni. Un’ipotesi che vista ora, dopo tre settimane di corsa, fa sorridere, purtroppo per il neerlandese. Lui le tre settimane non riesce nemmeno a portarle a termine ritirandosi dopo una prima settimana in cui soffre e basta, perdendo dieci minuti già nella prima frazione e continuando ad accumulare ritardo anche nelle frazioni successive, dove raramente lo si vede lavorare. La causa di questa mancata competitività è stato un completo svuotamento d’energie, dovuto probabilmente anche a un Tour de France fatto a tutta dopo una stagione in cui, non va dimenticato, era stato praticamente sempre fermo a causa dei problemi al ginocchio.

Matej Mohoric (Bahrain-McLaren), sv: Sfortunato il 26enne sloveno, che si presentava alla Vuelta dopo l’ottimo quarto posto ottenuto alla Liegi-Bastogne-Liegi. Una caduta nella seconda tappa, infatti, gli provoca la frattura della clavicola, non permettendogli di prendere il via della frazione successiva e costringendolo ad abbandonare anzitempo la gara. L’obiettivo qui in Spagna era quello di ottenere una vittoria di tappa e, viste le tante giornate con dei percorsi mossi, non sarebbe stato difficile vederlo protagonista in molte fughe.

Matteo Moschetti (Trek-Segafredo), sv: La sua Vuelta finisce andando fuori tempo massimo nella settima frazione. Tuttavia, considerato lo stato di forma ancora precario per il brutto infortunio di fine febbraio, non gli si può rimproverare molto, visto che ha anche provato a lanciarsi in volata nell’unica occasione disponibile, chiudendo sesto. All’assenza di una forma ottimale si è però aggiunto anche un percorso particolarmente improntato sugli scalatori che non ha lasciato scampo al ventiquattrenne milanese.

Jakub Mareczko (CCC), sv: Protagonista nelle volate della prima settimana, prima di ritirarsi sulla tappa che lo porta verso l’Alto de Farrapona. Per riuscire a portare a termine un GT la strada è ancora molto lunga, ma stavolta ha superato anche tappe con importanti difficoltà altimetriche e quindi nessuno dei suoi detrattori potrà accusarlo di staccarsi sui cavalcavia come accaduto in passato. Con un percorso più adatto, forse, avrebbe potuto ottenere anche qualche risultato più importante del terzo posto di tappa conquistato a Ejea de Los Caballeros.

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